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IL NATALE DEGLI INESISTENTI

La festa era arrivata, puntuale e in pompa magna, nonostante tutto. Le televisioni, i giornali, i social e i loro protagonisti si riempivano la bocca con fede, condivisione, attenzione, precauzione, distanziamento, amore ma soprattutto lockdown. Il gesuita impartiva morali. Era l'anno del grande contagio. Le città deserte, i paesi praticamente morti da mesi. Le luci riflettevano sul nulla e le porte erano chiuse. La gente, bada bene la povera gente, si accontentava di un ora d'aria dando vita, a capo chino, a meste processioni, mentre i ricchi se ne scorrazzavano tranquilli verso le seconde case. Era Natale. E lo era anche per Toiano, dove, almeno li, non si avvertiva il peso imposto ormai da mesi. Vi arrivai all'ora di pranzo, mentre tutto il resto del mondo seduto a tavola pubblicava le foto dei vari piatti. Ad accogliermi un forte vento che fischiava tra i rami spogli degli alberi alteri che circondano la vecchia chiesa. La strada, sfalciata di fresco, dava al borgo l'aspetto di chi avesse indossato il vestito buono per le grandi occasioni. Il rito si era riproposto, la tradizione era stata rispettata. Decine di palline adornavano il paese attaccate ai muri, alle piante o a quel che restava di finestre e porte. I loro colori sgargianti contrastavano con i legni scorticati dal tempo, con i mozziconi di finestre e con il nero intenso delle ombre che regnavano indisturbate negli interni ormai ridotti ad un cumulo di macerie. Un tempo non so come, e se, gli abitanti addobbassero Toiano, so però che sono felici che venga fatto ora perchè, man mano che percorri l'unica strada, sulle porte sembra di scorgere i vecchi proprietari che con un cenno d'inchino a cappel levato ti danno il benvenuto al Natale degli Inesistenti.  

© 2020 Filippo Tenerani Agenzia Fotografica
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